giovedì 6 marzo 2008

Unite – Jaguars 4 : 4

Parziali: 2:2 / 0:1 / 2:1

“The four horsemen are drawing nearer
On leather stiffs they ride;
They’ve come to take your live.
On through the dead of night,
With the four horsemen ride,
Or choose your fate and die!”
(Metallica – “The Four Horsemen” / “Kill’em All”)

Be’ qui non so proprio come iniziare. E’ come quando si assiste alla nascita di una leggenda. Prima è un fatto “piccolo” che poi però passa di bocca in bocca, di sussurro in sussurro e si ingrandisce sempre di più e diventa sempre meno piccolo, un po’ come un fiume che, quando nasce è solo un rigagnolo, poi diventa torrente, poi diventa fiumiciattolo, poi fiume enorme che sfocia nella pianura ed infine al mare, così una cosa piccola, un punticino “misero”, solo soletto, poi diventerà leggenda, epos, mitologia… Troppo? Sì forse, proviamo a smorzare i toni e scusate se mi faccio prendere la mano, ma l’entusiasmo è tanto e incontenibile.
Allora cominciamo con il dire che ieri i Giaguari hanno finalmente fatto sentire qualcosa che assomiglia ad un ruggito – sì insomma, non proprio il “groarrr” tipo sigla della Metro Glodwin Meyer, ma nemmeno il solito “miao!”. Diciamo pure che il primo punto della loro storia i Jaguars se lo sono dovuti andare a prendere a Vercelli, dopo un viaggio un po’ avventuroso, con il navigatore del Romano che ci diceva di attraversare una ferrovia senza che ci fosse passaggio a livello, semplicemente passando sopra il recinto della via ferrata stessa… Però poi siamo arrivati e c’eravamo tutti quelli che potevano esserci. 14 giocatori di movimento, 2 portieri e addirittura anche qualche “torcidante” al seguito. Quelli che sarebbe giusto definire fin qui “heroes del silencio”. Insomma solo qualche mese fa, lo ricordo a tutti, le nostre preoccupazioni erano quelle di non essere abbastanza, di dovere dare una fila di forfaits per numero troppo esiguo di giocatori. Mentre adesso siamo qui con una ventina di persone in trasferta in quel di Vercelli. Se ci guardiamo alle spalle possiamo capire quanta strada abbiamo in realtà fatto, al di là dei risultati.
Ma veniamo alla partita: primo tempo giocato con molta attenzione da parte nostra e con molta convinzione. Gioco abbastanza intenso anche se magari non tambureggiante. Così arrivano i goals. Prima loro, frutto di una disattenzione nostra in copertura; ma noi siamo subito pronti a ristabilire il pareggio. Con un incursione del Romano che si invola in contro-piede come un furetto verso la gabbia del portiere ed insacca il suo primo goal della stagione e che poi continuerà a giocare una partita veramente bella. Poi ancora loro a rimettere il “becco” davanti, ma il “solito” Fumaz, con una bella azione corale in coppia con il Niño, ribadisce il concetto: “non siamo venuti qui a fare ‘flanella’ anche se fuori fa freddo cane e tira un’aria gelida”. La squadra di casa mostra di essere un po’ svogliata, forse non ci sta mettendo tutto l’impegno dovuto, forse ci hanno preso “sottogamba”… sta di fatto che cominciano ad innervosirsi, lo si percepisce e lo si “sente” anche dalla nostra panchina.
Così l’arbitro scodella il face-off per dare inizio al secondo tempo. E qui continua il gioco attento ed ordinato (finalmente!) degli ospiti, con le ali che rientrano bene sugli attacchi avversari e con il Niño & co. che contribuiscono a mantenere il risultato. Izko comincia a sentire la pressione dei vercellesi che non ci stanno e che ci provano sempre di più. Ma lui è attento e fa buona guardia. Poi dalla seconda metà del tempo arrivano anche i primi fischi dell’arbitro: gli animi si stanno scaldando, la squadra di casa diventa sempre più nervosa e i Jaguars rischiano di abboccare a questo “gioco al massacro”. Ma è ancora Fumaz che ristabilisce la calma tra i maculati andando a segnare la sua seconda rete della serata dopo l’ennesima azione corale con il Niño. Finisce il tempo con i Jaguars in vantaggio e che ci credono e con Captain Moris che decide di portarsela a casa questa partita.
Dato che qui siamo “a casa mia” parlo anche un po’ di me: “nel mezzo del cammin del secondo drittel”, ricevo un bellissimo passaggio dalla sinistra. Io sono appostato nello slot davanti al portiere avversario, nella mia classica posizione da “rapace del tempo che fu” (sono o non sono una “civetta”?!), carico il tiro, percepisco dalla panchina il fluido negativo del pensiero del mio amico Lorenzo che sta dicendo tra sé e sé “adesso la cicca!”, ma non la cicco affatto, non posso, non devo, dopo tutto lo slap al volo è forse una delle poche cose che “so fare” – ed è così che parte il tiro preciso e filato a mezz’aria verso lo specchio della porta ma, ancora una volta, il grido di esultanza dei compagni in panchina è smorzato dall’intervento del portiere che para con una parte imprecisata sulla sinistra della sua pettorina in maniera se vogliamo un po’ fortunosa. Oh, ma deve stare sempre di mezzo il portiere avversario? Va be’, insomma dopo tutto non fa altro che il suo lavoro. In ogni caso mi sento nettamente in credito con la Dea Fortuna e non so se provarci ancora nelle prossime partite o se andare direttamente a giocare al “superenalotto”, che magari è meglio.
Giù il disco per il terzo drittel e il nervosismo in campo si fa ancora sentire. Tutte e due le squadre vogliono farcela, non sono paghe, le energie nervose soppiantano quelle fisiche. Giaguari che incappano ancora in un paio di penalità. Unite che ne approfittano per riportarsi sotto e poi mettono la freccia e si portano sulla corsia di sorpasso. Ma niente da fare. Il Niño (partitone si adavanti che indietro in copertura) decide di farsi un bel regalo per il suo compleanno e tira fuori dal cilindro il goal del definitivo pareggio, dopo avere deliziato la platea con due assists, ci voleva. E addirittura in seguito prova anche a mettere la ciliegina sulla torta ma quello che rimedia sono i primi due minuti di penalità della sua giovine vita! Coraggio, va bene così. Nel frattempo però gli Unite non ne vogliono sapere di cedere ed il cannoneggiamento verso la porta di Izko continua, ma il noto architetto milanese progetta e disegna una ragnatela che va a raccogliere tutti i dischetti volanti che si aggirano dalle sue parti, poi apporta una “variante in corso d’opera al progetto” e la ragnatela diventa muro, un pregevole manufatto architettonico di mattoni pieni dallo stile sobrio ma dalla consistenza formidabile: non passano. Sul finale la squadra ospite ci prova ancora – vogliamo vincere, possiamo vincere… ma la sirena manda tutti sotto la doccia e mette d’accordo un po’ tutti distribuendo equamente la posta in palio.
Grande festa negli spogliatoi per questo primo punticino della storia maculata, poi il fusto di birra da 5 lt. che la componente “brianzola” aveva pensato bene di portare giù dalle colline scolata dai Giaguari nel parcheggio del Pala Pregnolato. E bicchiere della staffa offerto pure all’arbitro, dopo tutto ha tutto il diritto di avere sete come noi, no?
Abbiamo incontrato una squadra con una buona dose di “mestiere” e con delle ottime individualità, ma alla fine la nostra voglia e il nostro giocare ordinati e con calma ha controbilanciato. Partita giocata un po’ sempre sul filo del rasoio da parte delle due squadre e, tutto sommato, pareggio equo.
Potevamo perdere? Sì certo se non avessimo mantenuto la calma e la disciplina di gioco – lo abbiamo sempre fatto finora! Potevamo vincere? Sicuramente sì: ma forse sarebbe stato troppo per le coronarie del buon Ivo che assisteva in tribuna con la gentile signora – addirittura mi dicono che abbia fatto gli ultimi 5 minuti di partita al cellulare con Vale facendogli una sorta di radiocronaca – minzega chissà che bolletta!
Ieri sera c’era una fila di macchine sulla A4 in direzione Milano; la fila si ferma ad un autogrill e ordina dei panini e da bere verso la una di notte. Il barista si domanderà “ma che razza di comitiva è questa qui a quest’ora?”. E’ una squadra di hockey che ha appena conquistato il suo primo punto della storia.
E dato che questo punto è un po’ anche mio, lo vorrei dedicare a Valerio che non ha potuto essere tra noi ma che ci è mancato davvero tanto, alla Gigia, Silvestro &co., alla Paola Mogol, a Paolo e a tutti gli altri della “torcida maculata” e anche a tutte quelle mogli, compagne, conviventi “torcidanti latenti” che magari pazientemente ci aspettano a casa e che vengono da noi risvegliate nel cuore della notte dal nostro rumoroso rientro a casa.

5 commenti:

Izko ha detto...

ciao caro,

grazie per i complimenti! anche la mia descrizione in version"magùtt" ti è riuscita bene eheh (anche se il solito gollettino sulla coscienza mi rimane..mannagg..)

bravissimi tutti, per lo spirito ed in particolare (dal mio punto di vista..) per nn avere calato le braghe dopo "l'uno-due" vigevanese...

a domani

Edo, Izko, Goalie

Anonimo ha detto...

Bravo Ale, parla per tutti noi, così tiriamo il fiato!

Per Izko: ti preferiamo in versione magutto che in quella urbanista...

Izko ha detto...

eheh in effetti me la cavo meglio con cazzuola e martellina piuttosto che in svincoli e simili...hihi

Axel ha detto...

c'è una vecchia canzone ladina che parla di battere la "martellina", se volete domani sera ve la canto negli spogliatoi!

Anonimo ha detto...

Guarda, non vedo l'ora che venga domansera per ascoltarla...