lunedì 14 gennaio 2008

Civette come i Giaguari?

Ebbene sì: mi cimento in un’impresa epica. Quella di paragonare l’andamento del campionato dell’Alleghe con quello dei Jaguars di Agrate. Impresa non facile ma l’accostamento mi nasce dal notare come sia una sofferenza seguire i primi dagli spalti e giocare nei secondi tra pista e panchina.

Cominciamo con l’Alleghe – campagna acquisti sulla carta molto ben fatta. Portiere con le migliori statistiche di qualsiasi altro portiere giocante in Italia, difesa in parte confermata e rinforzata con Haikidis. Davanti Super Mario, Lang (raccomandato dal topo scorer Harder) e Clarke (inglese con ottime referenze). Coach con mentalità vincente. Insomma già ad agosto, prima ancora di vedere come si muovevano le altre squadre, in valle si gridava allo scudetto, anche basandosi su una supposizione un po’ semplicistica che se una squadra l’anno prima con il roster che aveva era arrivata alle semifinali, quest’anno, roster potenziato = finale sicura e, grazie alle energie nervose tipiche dell’Alleghe quando la situazione si fa bollente, conseguente scudetto.
Nessuno ha pensato però che la squadra nuova ha degli equilibri tutti suoi da creare e da mantenere. Nessuno ha pensato che le altre squadre non sarebbero rimaste a guardare. Nessuno ha pensato che comunque le partite bisogna giocarle con voglia, grinta e precisione. Nessuno ha pensato che una squadra candidata allo scudetto non può né deve volere lasciare per strada nessun punto. Inizia il campionato e le fasi si alternano: partite giocate bene, preziosi pareggi strappati agli avversari pretendenti al titolo in casa loro, poi sconfitte a casa delle squadre sulla carta più abbordabili. Poi un continuo di vittorie magari insperate ed inattese (vedi contro il Renon) e punti persi miseramente per esempio in Val Punteria. Scoppia la bolla portiere – trasferimento forse mal gestito da parte della Società. Poi gli infortuni: Alby, Clarke, Harder a mezzo servizio, poi Lang… insomma uno stillicidio. Ma nessuna squadra pretendente al titolo può fare affidamento a 3 o 4 giocatori per raggiungere il massimo dell’obiettivo. E’ il sistema-squadra che deve girare appunto nel suo insieme – è l’organico nel suo complesso (le tre linee, il portiere, il suo back-up, l’allenatore e la dirigenza che devono “girare”, e non dimentichiamoci i tifosi). Adesso siamo penultimi, davanti solo all’Asiago che sia come squadra che come società sta ancora attraversando una fase “purgatoriale” di transizione (difficilissimo gestire il dopo-Topatigh!). E anche contro i Leoni dell’Altopiano (colpiti tra l’altro ad inizio stagione da una tragedia che spezzerebbe le gambe a chiunque, anche ai Rangers di Gretsky), dicevo anche contro di loro talvolta le Civette vincono ma non convincono (vedi partita del 28 dicembre u.s.).
Ed intanto, dopo gli exploit dei primi due derby il terzo è andato al Cortina pure in difficoltà e che non sta gestendo al meglio il senso di appagamento del dopo-scudetto. E Ivany ha cominciato a “fare girare” gli uomini tra le linee. Poi si è provato a giocare la carta Ricciardi ma il suo innesto si è rivelato per certi versi contro-producente (un giocatore che mi piace ma che ha passato più tempo sul pancone puniti che non sul ghiaccio).
Poi che altro? L’Alleghe ha sempre fatto la differenza grazie ai giocatori locali – gli italiani “buoni” componevano una mezza 2^ linea ed una terza linea che poteva fare la differenza. Ora i “locali” quelli buoni di un tempo sono in parabola discendente – non si può barare con la carta d’identità! E dietro di loro, nonostante l’attività giovanile delle Civette proceda con ottimo impegno profuso e con risultati molto buoni, sembra che i nuovi “boce” stentino a trovare spazio in prima squadra. Addirittura giovani locali di quelli “buoni” da fare crescere sempre più relegati (p.es. De Biasio e Da Tos, per non dire di altri più giovani) per fare posto a più blasonati stranieri, anche se notevolmente fuori forma… ma è così: anche l’allenatore ha una psiche. Cosa direbbero i tifosi e i giornali se perdo tenendo in panchina Jacobsen ma schierando Francesco? Cosa mi direbbero su se tenessi fermo in panchina Lang per un cambio in più a favore di Manuel Da Tos o di Cancellieri?
Se arriveremo ai play-offs ci arriveremo con un team stanco per avere “rincorso” per tutta la seconda fase della regular season, e magari con giocatori chiave appena rientrati (Clarke, per esempio) senza un gran ritmo partita nelle gambe… e saremo facili prede di avversari che hanno sempre giocato con intensità (quindi allenati a questo) e che avranno potuto gestire magari il 2° girone di ritorno in virtù dei punti conquistati in precedenza. Porterò sfiga ma penso che neanche questo sarà l’anno. Da quello che ho visto in pista manca la voglia di arrivarci a ‘sto benedetto triangolino tricolore! Magari potremo fare bene in coppa Italia e questo potrà farci da trampolino di lancio per la prossima stagione… Vorrei inoltre aggiungere che oramai per vincere lo scudetto in Italia servono due portieri di livello internazionale – non ci sono storie! Non me ne voglia Moretti che io stimo e che mi è umanamente simpaticissimo! Hell va bene, ma accanto a lui bisogna prevedere un altro portiere di pari livello (vedi Bolzano con Groenewled e Russo).

Ma veniamo ai Giaguari: per certi versi stessa sorte (fatte le debite proporzioni). Debutto positivo con due partite perse con onore e dopo avere dato del filo da torcere. Grandi complimenti da tutti. Poi semplicemente ci si è “montati” la testa, ci si è adagiati sugli allori. Ci si è dimenticati che le partite bisogna giocarle con intensità ed ordine dall’inizio alla fine. E allora sono arrivate le prime batoste: a parte quella prevedibile contro Monza (che ci stava benissimo), quelle inspiegabili contro gli Unite e contro i Monsters; poi quella persa male contro i Mighty Pucks – ma questo è un altro discorso. Ora, una squadra che vuole andare un po’ in là semplicemente queste partite le deve vincere. Poi anche qui ci sta che abbiamo avuto i nostri infortunati. Ci sta che per gli impegni personali di qualcuno qualche sera si è dovuto giocare un po’ rimaneggiati. Ma non dimentichiamoci che la prima partita contro i potentissimi Red Rats l’abbiamo giocata fino in fondo e persa con onore e minimo distacco giocando in 6! Quindi niente scuse. I nostri problemi sono di altra natura: sono per esempio quelli di alcuni attaccanti che cercano giustificazioni alla loro scarsa produttività sostenendo che con questo o quel compagno di linea “non si trovano” e non ricevono dischi “puliti e giocabili”. Un altro problema è quello di cominciare ad innervosirsi quando si è sotto di 1 goal. Arriva quindi l’affanno più psicologico che altro, di rimontare il passivo, senza considerare che nell’hockey un vantaggio di un solo goal è forse più pericoloso per la squadra in vantaggio che non per quella in recupero. Questo poi porta a volte a giocare senza precisione, a fare “saltare tutti gli schemi”, ancora prima del tempo. Porta inoltre ad aumentare la voglia irrefrenabile dei difensori di salire con il disco per tentare un’azione personale che 9 su 10 finisce con una perdita di disco, contropiede, difesa sguarnita e goal avversario. Oppure: attaccante che deve rincorrere in difesa, riesce in qualche modo ad evitare il goal, ma perde fiato e gioca in affanno senza essere incisivo o producente per il resto del cambio. Poi si continua con il portiere che giustamente si innervosisce perché si sente “poco protetto” e perché si ritrova spesso gli attaccanti avversari da soli davanti a lui in un “tete-à-tete” nello slot. Portiere innervosito = più possibilità di prendere golletti “strani” con tiri sporchi dalla blu, quindi svantaggio che aumenta e la meccanica di cui sopra che si accentua e si innesca così quel circolo vizioso che porta per esempio a perdere 7 a 1 contro una squadra contro la quale partivamo con i favori della carta. Poi si può spiegare ancora il tutto con i pochi allenamenti. Va bene, ma penso che non sia questo il punto. Può esserlo dal punto di vista fisico: più allenamenti, più fiato e più “fondamentali”. Ma quale migliore occasione delle partite per vedere come girano le linee e per trovare l’amalgama? Dopo tutto anche le squadre di “professionisti” oltre agli allenamenti giocano delle amichevoli per appunto affinare i meccanismi di gioco.
Io direi che invece che pensare a nuovi corsi in termini di allenamenti, o di modifiche del “lay-out” delle linee, è necessario che ognuno si faccia autocritica e cerchi di lavorare su quello che dovrebbe fare e non fa. Per esempio: dato che il mio pregio è la velocità di pattinata, perché vengo sempre battuto dagli avversari? Oppure, dato che il mio pregio è la visione di gioco ed il gioco ordinato, perché mi ritrovo in zone del campo dove non c’entro per niente? Perché non accompagno mai il mio collega di linea quando si sgancia per andare in fore-checking? Perché essendo io difensore, mi capita spesso di avere le due ali dietro di me in proiezione offensiva? Perché di tanto in tanto non provo anche io a “schiacciare” in balaustra come fanno i miei avversari? Perché non mi faccio sotto con coraggio, considerando che sto comunque giocando uno sport di contatto e che sono attrezzato e tutto bardato all’occorrenza? Perché non cerco di giocare il disco con calma in difesa, impostando quella benedetta uscita di zona provata mille volte in allenamento invece di scattare subito in avanti verso la porta avversaria, fregandomene di dove e come siano messi i miei compagni? Perché non provo a scattare una volta in più anche se i polmoni mi scoppiano (dopo tutto mi potrò sempre riposare dopo – o in panchina tra un cambio e l’altro, o tra un tempo e l’altro oppure addirittura a casa dopo il match)? Perché non tiro su la testa quando gioco il disco? Perché, dato che ho il tiro più potente della squadra, non cerco di portarmi il disco al tiro per poi fare partire la mia famosa “steppa”? Perché non mi fido dei miei colleghi in difesa e scendo ad aiutarli anche se magari non serve? Perché invece non me ne sto un po’ sulla blu a controllare cosa fa il mio “amico” terzino della squadra avversaria? Meditiamo gente, meditiamo…

Insomma: idee confuse in pista e grande affanno in tutti i casi – questo accomuna ahimè l’essere tifoso dell’ Alleghe e giocatore dei Jaguars… la cosa forse è un po’ tirata per i capelli ma la sostanza c’è ed è quella lì.
Ma è vero quello che diceva un grande allenatore di hockey canadese:
“L’essenza dell’hockey è la sofferenza!”

Nessun commento: