martedì 9 settembre 2008

OFF-TOPIC : Identità Ladina nel Bellunese

Identità ladina. Da qualche parte se ne discute, in giro per internet, su qualche giornale (locale, per carità,locale!) e in giro per le Valli attorno al Sella, ma anche in quelle confinanti, sia nei comuni dove è stato proposto e votato il famoso referendum, sia altrove. E in base ad una legge dello Stato alcuni comuni si sono dichiarati "ladini", tirando in piedi un mucchio di polemiche, più o meno velate, da parte dei cosiddetti "ladini storici".
L'argomento in questa sede è senza dubbio "off-topic", me ne rendo conto benissimo. Ma è pur vero che G.B: Pellegrini definiva l'hockey come "sport di minoranze", citando appunto i ladini che nelle valli dolomitiche tanto e in tanti lo praticano. Quindi perché non parlare di identità ladina in queste pagine affiancando l'argomento hockey agordino con questa nuova topica.
Incominciamo con il dire che l'approccio che ho riscontrato un po' dappertutto affrontando l'argomento "identità ladina" è quello, in prima battuta linguistico. Si fa appello alla tutela del bagaglio linguistico peculiare per approdare ad altri tipi di tutela che investono più propriamente i campi della economia, della fiscalità, della tutela di quote per gli impieghi pubblici e per la rappresentanza nelle sedi istituzionali. Tutto questo può andare bene. Ma non basta; eppoi il punto di partenza è piuttosto debole.
Se parliamo delle caratteristiche che definiscono un gruppo di persone come "popolo" o come "nazione" l'aspetto linguistico può essere importante ma non è quello principale, a mio avviso. Le prove di ciò che scrivo sono presto dette. Se, per esempio, l'aspetto linguistico fosse l'unico aspetto discriminante in Irlanda, be', la maggior parte degli irlandesi sarebbero ancora sotto il giogo o sotto la corona della Regina di Inghilterra, dato che il gaelico è parlato quotidianamente da soli 380.000 irlandesi su un totale di 4.200.000 (quindi i "gaelici" sarebbero solo il 9% circa degli irlandesi). Anche se si considera il numero di coloro i quali parlano gaelico come seconda lingua, il numero cui si arriverebbe è 1.980.000 persone (attorno al 47%, ancora una quota, per così dire, minoritaria).
Facendo un discorso contrario si potrebbe supporre che popolazioni parlanti lingue diverse magari si riconoscono come popoli sempre diversi - ma basta buttare un occhio fuori dalla nostra finestra, guardare i nostri vicini di casa rossocrociati per scoprire che, malgrado alcuni parlino tedesco, altri francese, altri italiano altri ancora romancio, tutti loro si identificano benissimo nel "popolo svizzero", be unito da secoli sotto la Confederazione Elvetica che è forse l'entità politica europea più monolitica e consolidata sul vecchio continente.
Da cosa partire allora. Be', senza scomodare solo ed esclusivamente gli ambiti strettamente culturali, si può partire dal dato socio-economico, per determinare la necessità di tutela di una minoranza che - una volta definita "ladina" - si inquadra in un contesto geografico che vede, da una parte, una entità minoritaria più (Provincia di Bolzano) o meno (Provincia di Trento) tutelata. Dall'altra parte un altro elemento etnico minoritario (friulano) tutelato a sua volta da uno statuto regionale autonomo che fa da confine ma che ha tratti caratteristici salienti in comune. E in mezzo? In mezzo ci sta la Provincia di Belluno che non beneficia di alcuno strumento di tutela, né di tipo linguistico né sul piano socio-economico, e che solo ultimamente sta reagendo ad uno stato di cose che si sta facendo sempre più duro da sopportare, in condizioni di mercato sempre più "globali" ed in congiunture economiche sempre più sfavorevoli. Così quelle zone montane o pedemontane del bellunese cominciano a rivendicare uno status di tutela maggiore appunto per una considerazione molto semplice: a destra e a manca si trovano ad avere a che fare con aree geografiche più o meno omogenee sul piano socio-culturale, più tutelate nella loro individualità culturale e nella peculiarità logistica-territoriale e con le quali è sempre più difficile fare i conti.
Succede così che Cortina, Colle S. Lucia e Liivinallongo promuovano l'ormai famoso referendum che tanto ha fatto parlare di sé nei mesi passati. E che prima di loro in maniera forse più sommessa, si era mosso il comune bellunese di Lamon, più noto forse per il celebratissimo fagiolo.
Tutte cose buone e sacrosante, per fare parlare del problema e per fare discutere anche a Venezia (e magari a Roma) di certe questioni da sempre relegate entro i confini delle valli dolomitiche. Ma forse non basta. Anche perché il peso che possono avere quattro comuni (con tutto il rispetto per loro e con tutto il peso che può avere un comune "magnifico" come quello di Cortina) non basta a contrastare le tendenze centraliste di Venezia (per non parlare di quelle di Roma!). E allora l'azione sia coordinata, le proposte e le attività corali, le richieste si basino su presupposti saldi, ben più solidi di una rispettabilissima questione linguistica. La questione linguistica è a rischio di venire banalizzata dai più nella volontà di avere i cartelli stradali in italiano e ladino - cosa che peraltro, su iniziativa prettamente locale, è già stata attuata fuori dalla Ladinia, per esempio da numerosi comuni lombardi, del profondo nord, dove affianco al nome italico della località trova ormai posto anceh quello in lingua "celto-longobarda". La base di partenza devono essere rivendicazioni socio-economiche, gli argomenti devono essere per esempio anche quelli legati alla fiscalità, approfittando del dibattito ormai imperante nel resto del Paese circa il concetto o i concetti di "federalismo fiscale". Il dato identitario deve rimanere ma deve essere anche funzionale a ciò che si vuole ottenere - più libertà di gestire al meglio le risorse, più attenzione per aree geografiche che solo sino a qualche decennio fa erano considerate "economicamente depresse", più autonomia di gestire la cosa pubblica e la finanza locale e soprattutto le politiche sociali, assistenziali e culturali secondo le necessità vere e ben conosciute solo da chi conosce il territorio e la gente che ci vive.
L'errore da non commettere è quello di dare "patenti di ladinità" o di considerarsi "più ladini degli altri" - in questo senso il popolo deve essere sovrano e deve essere libero e sovrano di determinare a quale etnia si sente più prossimo per ragioni che possono essere sì linguistiche ma non necessariamente tali; che possono quindi svariare da criteri di vicinanza, di "idem sentire", di patrimonio tradizionale o storico affine, di necessità e contingenze di tipo geografiche e morfologiche del territorio, di criteri di omogeneità dell'economia di base. L'errore da evitare è quello per esempio contenuto negli antichi statuti della Magnifica Comunità dell'Ampezzo che poneva ingenti multe a chi intendeva sposare uomini o donne del Cadore, che venivano addirittura considerati dei "mostriciattoli scuri, bassi e deformi". La mossa in realtà era in funzione di una propaganda culturale volta a rinforzare i confini delle nazioni (Venezia / Francia - Austria) che passavano proprio dal Passo Giau; gli stati nazionali infatti sapevano e sanno benissimo che i passi alpini sono fatti per unire e non per dividere. Lo sapevano anche gli abitanti che venivano tenuti "sotto minaccia" per un disegno dispotico di salvaguardia dei confini nazionali e delle relative rendite di posizione.


Come ho già avuto modo di leggere sul sito ww.jentladina.org: "Ladini Uniti - Ladini più Forti"!
E speron ben!

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